Il giorno del giudizio — visione di Ibn ‘Arabī

{Dio perdona di continuo, la sua indulgenza è sconfinata}

Veniamo ora alla storia. Una volta, Ibn ‘Arabī ebbe la visione dell’ultimo giorno, il giorno del Giudizio, nel quale si dice che tutte le anime saranno nude e i gomitoli dei destini dipanati sotto gli occhi di tutti. In quel giorno gli uomini vedranno ogni istante della propria vita come attraverso una lente d’ingrandimento: vedranno l’atomo di bene che hanno fatto, e anche l’atomo di male. Iperacuità di quel giorno: tutto sarà visibile. Alcuni saranno destinati a un’eternità di gioia, altri a un’eternità di sofferenza, senza variazioni d’intensità – perché Dio ricostituisce la pelle dei dannati a mano a mano che il fuoco la brucia, e in paradiso le papille del piacere non conoscono consunzione. È un giorno cruciale, lo sanno tutti. Ecco il racconto del maestro.

mussulmano in preghiera verso Allah

La resurrezione è già avvenuta. C’è un grande caos. Gente che corre in ogni direzione. Alcuni sono vestiti, altri no. Alcuni hanno la testa sulle spalle, altri l’hanno persa, come nella vita. Ma all’improvviso tutti si fanno seri, e sul mondo cala un profondo silenzio: arriva Dio – non quello della faccia nord, naturalmente, ma l’altro, non meno impressionante, che ha fatto l’uomo a sua immagine, il dio che scrive diritto su righe storte sicché non si può mai essere sicuri di nulla – non manda forse le prostitute in paradiso? È scortato dai suoi angeli. Gli sguardi di tutti sono puntati su di lui. Se anche qualcuno volesse guardare altrove non ci riuscirebbe. La balia scorda il suo bambino.

C’è anche Satana. Satana calunniatore, sabotatore di entusiasmi, repellente, sarcastico, che vede e sente solo quello che gli fa comodo, ausculta il cuore dell’uomo per scoprirvi la menzogna e non resta mai deluso; Satana è all’erta, in agguato con i suoi scherani, Satana che svilisce, profana, bestemmia, sputa veleno, mina la fiducia, odia la grandezza, rompe i voti, individua la crepa e ci trascina con sé, il grande sconfitto, dentro quell’orrida crepa che alcuni chiamano inferno.

Dio stende la mano sullo šayḫ al-akbar: «Ora tocca a te». Siamo alla resa dei conti. È uno di quei momenti, capirete, in cui non si ha di che menar vanto. Un filosofo dice che ci sono tre momenti in cui l’anima si sente immensamente sola: alla nascita, alla morte e alla resurrezione. I nostri bei propositi si sciolgono come neve al sole.

Ma il più grande dei maestri non è il più grande per caso: non si scompone, e parla da pari a pari con il signore dei mondi. Chi ha la fortuna di incontrare Dio ha molte cose da dirgli. Può chiedergli, per esempio, se è davvero coerente chiedere il rendiconto agli uomini, dal momento che è stato lui a crearli e doveva dunque prevedere le conseguenze del suo atto. L’islam non lo chiama forse il Conoscente (al-‘Alīm)? Non è forse il conoscente più grande, al cui confronto ogni dotto è ignorante e ogni saggezza umana follia?

Ma quel giorno lo šayḫ ricorre a un argomento diverso:

«Gli dissi: “Signore, i re chiedono il rendiconto ai sudditi perché sono poveri e hanno continuamente bisogno di alimentare il loro tesoro; tu invece sei ricco. Dimmi, dunque, cosa ci guadagni a chiedere il rendiconto alle creature?”. Dio sorrise e mi disse: “Cosa vuoi?” Io gli risposi: “Permettimi di andare in paradiso direttamente, senza presentare rendiconto”». Dio, con gesto magnifico, gli concede il permesso.

Allora Ibn ‘Arabī, scorgendo una breccia nel rigore divino, e in questa breccia una bontà infinita, ne approfitta. Comincia a negoziare, e come posseduto da una sorta di frenesia intercede sistematicamente per il maggior numero di persone possibile, come Abramo per la popolazione di Sodoma. Parole e sillabe gli si affollano alle labbra. Comincia dai suoi cari: «Notai allora mia sorella Umm Sa‘d; chiesi a Dio: “E mia sorella Umm Sa‘d?”. Lui mi disse: “Conducila con te”. Vidi allora mia sorella Umm ‘Alā’; gli chiesi: “Anche lei?”. Lui mi disse: “Anche lei”. Gli chiesi: “E mia moglie Umm ‘Abd al-Raḥmān?”. Lui mi rispose: “Conduci tua moglie Umm ‘Abd al-Raḥmān”. Gli chiesi: “E Hātūn Umm Jūnān!”. Dio disse: “Anche Hātūn Umm Jūnān”» (non sappiamo chi sia questa donna). Ibn ‘Arabī capisce che di questo passo non finirà mai. «Gli dissi: “Così ci impiegheremo tantissimo. Permettimi di condurre con me tutti gli amici e i parenti che conosco e tutti quelli che vorrai tu”». Il grande accondiscendente accondiscende di nuovo: «Se tu mi chiedessi di condurre con te tutti coloro che affollano la Stazione (ahl al-mawqif), te lo concederei».

Non sappiamo di preciso cosa sia la stazione né quante persone vi siano, forse tante quante ne contiene una grande cabina di funivia, perché Ibn ‘Arabī ha veramente l’impressione di esagerare e che altri potrebbero svolgere meglio di lui quell’opera di intercessione.

«Mi ricordai allora dell’intercessione degli angeli e dei profeti, e per rispetto verso di loro condussi con me solo tante persone quante ne potevo abbracciare con lo sguardo – soltanto Dio può contarle –, sia note, che ignote. Le portai in paradiso spingendole davanti a me, e tenendomi dietro di loro perché non si perdessero per strada».

Ecco, la storia è finita. Ibn ‘Arabī la racconta in un libro che si intitola semplicemente Libro delle visioni.

La morale è chiara: non c’è e non ci sarà giudizio finché ci saranno intercessori, e intercessori ce ne saranno sempre. Dio perdona di continuo, non può farne a meno: è così che opera inevitabilmente la sua libertà. Dio copre le colpe, non ne tiene conto, ciò che dell’uomo non si può mostrare non lo mostra, non lo vede, non lo calcola; passa e ripassa la spugna, cancella tutte le lavagne dal giorno della creazione del mondo.
La sua indulgenza è sconfinata. Tirate, forza, tirate pure la corda, tanto non si spezza mai (ma non ditelo troppo forte).”

{Passi di A Dio per la parete nord, Hervé Clerc}


Ibn Arabi (Murcia, 28 luglio 1165 – Damasco, 16 novembre 1240) è stato un filosofo, mistico e poeta arabo. La sua opera ha influenzato molti intellettuali e mistici sia orientali sia occidentali. È conosciuto in Occidente come Doctor Maximus. Il grande studioso orientalista francese Henry Corbin non esita a definirlo “uno dei più grandi teosofi visionari di tutti i tempi.”


Immagine: Open Clipart

 

 

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